The Box

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Avevo altre priorità, e altro di cui parlare, ma a causa di un po’ di mal di schiena ho passato qualche giorno ad oziare o quasi, e facendo zapping in TV ho visto per caso The Box, film fantascientifico del 2009 diretto da Richard Kelly che è senz’altro famoso per qualcosa di meglio di questo adattamento di Button, Button, romanzo breve di Richard Matheson del 1970 (arrivato lo stesso anno in Italia come Il Pulsante). Più che un adattamento il film è semplicemente tratto dal racconto, ne prende solo spunto, utilizza solo alcuni elementi ed inventa tutto il resto. Purtroppo non ho ancora avuto il piacere di leggere il racconto di Matheson, ma so che in esso sono presenti solo tre personaggi e il tutto avviene nello stesso luogo, la casa di Norma ed Arthur.
 
Nel film vengono aggiunti maggiori elementi e la storia viene arricchita e complicata, distaccandosi dal racconto e dal suo carattere molto più psicologico che analizza le reazioni dei due protagonisti posti di fronte ad una difficile scelta etica e morale, uccidere uno sconosciuto e ricevere in cambio molti più soldi di quanti se ne possano avere con il lavoro onesto e che fa riflettere anche su quanto davvero conosciamo delle persone a cui siamo legati.

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Prima del film del 2009 venne tratto un’altro cortometraggio dal racconto Button, Button nella serie Twilight Zone (Ai Confini della Realtà in Italia) con lo stesso nome in del racconto sia in lingua originale che in Italiano (Button, Button in Inglese e La Pulsantiera in Italia). La sceneggiatura di questa venne scritta dallo stesso Matheson, ma sotto lo pseudonimo di Logan Swanson perché non contento del risultato. Un altro cortometraggio ispirato allo stesso racconto e con il nome The Box venne realizzato anche nel 2006 da Kvon Chen, ma non sappiamo se Matheson sia stato contento o meno di quest’ultimo ne se lo sia stato del film The Box del 2009. Del cortometraggio del 2006 non sono stato in grado di trovare alcuna notizia, ma sul film del 2009 c’è molto da dire.

L’idea di base è la medesima del racconto, una misteriosa scatola viene recapitata una mattina a Norma ed Arthur con la promessa di ricevere maggiori istruzioni durante la giornata. Il funzionamento è come quello del racconto, se si preme il bottone si riceveranno un milione di dollari in contanti esentasse, ma uno sconosciuto verrà ucciso, se non si preme il bottone non si riceverà nulla e la scatola verrà recapitata a degli sconosciuti cui verrà fatta la stessa proposta. Il film si focalizza poco sulla questione etica e sulle reazioni psicologiche dei due protagonisti, sulla difficile scelta, sulle possibili ripercussioni, sull’altruismo contrapposto al mero guadagno senza riflettere sulle eventuali conseguenze. Il regista preferisce incentrare tutto sulla scatola, sulle sue origini e su tutto quello che vi si nasconde dietro. O almeno tenta di spiegarlo in un modo contorto, dimostrando forse di non aver centrato quello che era il tema centrale del racconto.

In The Box vengono così introdotti parecchi elementi che emergono mano mano che la trama va avanti. Già dall’inizio il film sembra molto più un thriller che un film psicologico fantascientifico, ma un thriller povero di azione e di colpi di scena, in cui si introducono inizialmente dipendenti della Nasa che hanno lavorato tra l’altro al progetto Viking, poi strane tecnologie, controllo mentale, alieni, associazioni governative e complotti non ben definiti, che si intrecciano con le strane e sfortunate vicissitudini, che paiono essere pilotate, che nel tempo hanno afflitto la famiglia Lewis. Lo sfortunato incidente al piede di Norma, la mancata assunzione di Arthur come astronauta, e la borsa di studio negata al figlio della coppia mettono questi nelle condizioni perfette per accettare l’offerta e i soldi, e alcuni indizi fanno pensare proprio che tutti questi problemi siano stati pilotati dai dipendenti del misterioso Arlington Steward.

Steward faceva parte del team che lavorò alla Viking e il giorno dell’arrivo dei primi segnali dalla sonda in orbita intorno a Marte venne colpito da un fulmine proprio durante l’arrivo dei primi messaggi, questo lo sfigurò e lo fece morire, almeno ufficialmente. In realtà si risvegliò dopo la morte e cominciò a lavorare al suo progetto creando un’organizzazione a suo dire guidata da coloro che controllano i fulmini. Un progetto che serve a testare la razza umana, a misurare il suo grado di altruismo mediante le scatole. Questo è solo l’inizio però, una prima fase di test a cui ne seguiranno altri di altro tipo, il compito di Steward pare essere quello di organizzare e gestire i test e valutarne i risultati che se non saranno positivi porteranno alla prematura estinzione della razza umana.

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Il piano di Steward non sembra essere così perfetto e segreto, vari elementi trapelano in modo a dir poco semplice e difatti a Norma ed Arthur arrivano differenti notizie e indizi per scoprire cosa stia realmente accadendo e in che guaio si siano cacciati accettando la proposta e sopratutto premendo il pulsante. Sono gli stessi dipendenti e vittime di Steward a fornire indizi a Norma ed Arthur e a farli arrivare separatamente nella biblioteca riservata ai dipendenti dove entrambi avranno un particolare incontro. Arthur che aveva già scoperto l’identità di Steward finirà con l’incontrare Clymene, la moglie di Steward divenuta una sua aiutante o anch’essa un aliena, che metterà Arthur di fronte ad una scelta, tre portali d’acqua due dei quali porteranno alla dannazione e l’altro alla redenzione, anche se effettivamente pare che la scelta sia inutile visto che Norma ha premuto il bottone sono già condannati. Norma invece avrà un colloquio con Arlington Steward che si ricrederà su Norma e Arthur, ma ormai sono già condannati. Norma tornerà a casa senza ricordarsi nulla per trovarsi distesa sul letto dove apparirà Arthur immerso nell’acqua, che si riverserà ovunque in casa, dopo aver attraversato il portale che sembra avergli fatto vivere un’esperienza quasi mistica nell’aldilà prima di averlo riportato a casa.

Nuove rivelazioni arriveranno a chiarire ancora meglio le cose, per i protagonisti, non certo per gli spettatori a cui non viene spiegato granché, come se già i precedenti avvenimenti non fossero abbastanza incomprensibili. Arthur verrà rapito dalla precedente vittima, colui che ha ucciso la moglie nell’istante in cui Norma ha premuto il suo bottone, che gli darà un manuale dei servizi segreti che spiegherebbe come funzionano le cose e che conferma che essi sono a conoscenza del piano da tempo, ma non interferiscono comunque. Il figlio della coppia sarà rapito dai dipendenti di Steward per ricattare i due, e Norma verrà rapita dai servizi segreti per essere riportata a casa, insieme con Arthur dopo che i servizi segreti lo recuperano e gli spiegano solo che gli avvenimenti a seguire implicano cose ben più importanti, quasi ad invogliarlo o obbligarlo a concludere la faccenda con quella che oramai sembra una scelta ovvia.

A casa troveranno Steward che gli spiegherà cosa è accaduto, hanno accettato la proposta, hanno avuto i soldi, non hanno passato il test, il bottone è ormai in mano a perfetti sconosciuti, il figlio è stato reso sordo e cieco e vivrà una vita d’inferno, ma si potranno tenere i soldi, oppure Arthur può uccidere Norma, il figlio guarirà miracolosamente “quando la sua anima uscirà dal corpo” (quella di Norma) e i soldi saranno dati al figlio al compimento del suo diciottesimo compleanno, mentre il marito marcirà in galera per l’omicidio della moglie. Norma ovviamente muore, il figlio guarisce, e Arthur viene preso in custodia dai servizi segreti, ma non arrestato, viene portato via dall’auto che lo aveva riportato a casa con la moglie, mentre il figlio verrà accudito dai servizi segreti. Steward rimane libero di fare quello che faceva, senza alcuna interferenza da parte dei servizi segreti, e infatti la scatola è già stata consegnata ad un’altra coppia e la moglie ha già premuto il bottone, proprio nell’istante in cui Norma moriva.

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I miei post spesso contengono eventuali spoiler, più o meno importanti, questa volta invece ho detto proprio tutto, perché la trama è semplice, gli intrecci lineari, le motivazioni accennate, la storia quindi non è tutto questo mistero, si intuisce da subito come va a finire, quelli che forse volevano essere colpi di scena non lo sono, il film è piatto e privo di azione, anche se pare essere più un thriller che un film fantascientifico. Di fantascientifico invece ci sono tutta una serie di citazioni e accenni di citazioni, richiami colti o meno per dimostrare quasi che “io la conosco la fantascienza perciò ci faccio un film”, ma che a volte paiono quasi una forzatura, quando addirittura non fanno un po’ sorridere perché sbagliate. Ci può stare il “sembra quasi magia” che è una citazione incompleta che è stata già ripetuta più volte nel corso del film in versione completa, ma quando “Astounding Science Fiction” diventa una raccolta di fumetti di fantascienza, allora le cose sono due, o c’è stato un tremendo errore nella traduzione italiana (dovuto all’ignoranza senz’altro) o all’origine si è sbagliato, quindi dimostrando di nonc onoscere poi bene la fantascienza e le sue origini. Rimane il beneficio del dubbio su chi abbia sbagliato o se magari volesse essere più colto di quello che sembra denigrando la rivista cosi come avveniva nei primi tempi e probabilmente ancora negli anni ’70 in cui è ambientato il film, in Italia solo da pochi anni la si sta rivalutando, anche se rimangono alcuni problemi.

L’ambientazione sembra essere ben ricreata, la casa sembra un tipico appartamento degli anni settanta, con tutte le assurde suppellettili e quelle inguardabili fantasie su tappezzerie e parati, ma come tutto mi appare solo un superficiale modo per rendere apparentemente il film interessante, almeno dal mio punto di vista i personaggi mi sembrano un po’ troppo moderni per essere persone degli anni settanta, e sopratutto quando si vedono gli interni della NASA sembra che nessuno abbia niente di meglio da fare che pensare ai fatti propri o a cose personali, anziché lavorare, e difficilmente posso credere che lì all’epoca ci si comportasse così, anzi sarebbero dovuti essere sobbarcati di lavoro per i tanti progetti in corso, e invece sembra una fiera di nerd intenti a giocare. Lo stesso Arthur sembra un nerd fissato con Marte perché ha lavorato alla sonda Viking, con una cantina che sembra un santuario a Marte e alla fantascienza. Quando si troverà di faccia ad una tecnologia avanzatissima sarà stupito come un bambino e dirà la mezza citazione di prima, “sembra magia” e poi ne parlerà come un’esperienza mistico-religiosa.

Perché alla fine il messaggio sembra essere religioso, l’umanità non è altruista e chiunque preferisce premere il bottone per il suo mero guadagno non curandosi degli effetti collaterali, ovvero la morte di uno sconosciuto. Poco importa se prima di fare questo test pare che le vite dei soggetti dei test vengano distrutte in modo tale da rendere fin troppo appetibile l’offerta. I soggetti coinvolti che possiamo conoscere sono entrambi scienziati della NASA, quindi malvagi scienziati che pensano solo al progresso al profitto e non hanno fede, mi ricorda la lotta tutta Americana tra il creazionismo e l’evoluzionismo, la scienza e la fede. Poi non pare essere neanche un caso il fatto che a premere il bottone sia sempre la donna, da sempre incarnazione del male, del peccato e della tentazione, come non collegarlo con la famosa vicenda della mela? In ogni caso però i due protagonisti, Norma ed Arthur, hanno sì fallito il test, così come tutti i predecessori e anche il successivo soggetto, ma danno speranza a Steward perché sono brave persone… quindi questa dovrebbe essere una morale conclusiva per il film, gli esseri umani (o forse gli scienziati) sono brutte persone, ma c’è speranza c’è del buono e, prima o poi, qualcuno non lo premerà il pulsante e il test sarà superato.

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