Fantasy & Science Fiction Anno I Numero 4

Fantasy & Science Fiction Anno I Numero 4

Anche se con molto ritardo sto continuando a leggere la serie Italiana di Fantasy & Science Fiction, ho da qualche giorno finito proprio il quarto numero che è uscito nelle edicole a fine Ottobre. Sono altre 160 pagine precise e nette come sempre, mai una pagina di più o di meno, trovo incredibile come riescano sempre a rispettare il numero di pagine prestabilito proprio perché non credo sia una cosa facile, ogni storia ha sempre un numero di pagine variabili e riuscire ad incastrarle perfettamente inserendo poi racconti che abbiano comunque un certo filo conduttore, un tema comune richiederà una certa abilità.
 
Questa volta però, forse proprio per esigenze di spazio, mi sembra di vedere un po’ meno illustrazioni, solo 2 di grandi dimensioni e altre più piccole realizzate da Maurizio Manzieri. Nonostante la problematica dello spazio vedo che l’Elara riesce comunque a inserire delle piccole pubblicità sia per pubblicizzare il prossimo numero che per mostrare altre sue pubblicazioni. La bellissima copertina invece è opera di Marc Simonetti e, forse, per la prima volta non ha alcuna connessione apparente con il tema che sembra accomunare ogni storia.
 
Sottolineo il “sembra” perché non posso mai essere sicuro che le storie siano state effettivamente scelte perché hanno una reale affinità e delle tematiche simile, però la sensazione che ho avuto dopo aver letto circa la metà delle storie era quella di aver colto quel filo conduttore seppure non troppo definito che potrebbe essere il tema centrale di questo quarto numero. Tutto sembra essere connesso con la tecnica, le scienze e l’evoluzione di queste ultime e gli effetti che possono avere sulla società, qualsiasi tipo di società, da quella moderna a quelle più lontane nel tempo, o semplicemente sui singolo individui.

Fantasy & Science Fiction Anno I Numero 4

Il primo dei racconti è L’Uomo che Amava gli Aquiloni di Dean Whitlock, un fantasy storico mitologico, che citando la didascalia, “ci è giunto per tradizione orale dal profondo passato”. Narra di colui che inventò gli aquiloni per raggiungere gli Dei, di come questa semplice invenzione potesse spaventare ed intimorire i semplici abitanti di un villaggio, come l’esercito di ogni tempo vede del potenziale militare e strategico in ogni cosa rovinandone inesorabilmente la bellezza e stravolgendo la vita del suo inventore e della sfortunata strega innamoratasi delle sue creazioni.

A volte, come ci fa notare Ray Bradbury in Ero là il Giorno in cui il Mondo è Finito, Ero là il Giorno in cui il Mondo è Iniziato siamo testimoni della fine di un epoca e dell’inizio di un’altra ma non ce ne rendiamo conto finché anni dopo ripensando al passato non notiamo quanto quelle che ci sembravano solamente delle novità di poco conto in realtà erano invenzioni destinate a cambiare l’intero corso della storia. Bradbury questa volta non ha inventato una storia, ma ha raccontato la sua infanzia di quando nel 1926/27 la setta di Zion annunciò la fine del mondo, che non presentandosi deluse l’allora giovanissimo Ray che si aspettava un qualche grandioso spettacolo. Eppure senza rendersene conto quel giorno entrò in contatto con una serie di oggetti che poi avrebbero cambiato definitivamente il mondo.

Sempre di evoluzione si parla in Santuario di Daniel F. Galouye, ma stavolta è la razza umana che si è evoluta e così come una nuova tecnologia è temuta dalla gente comune e bramata dall’esercito allo stesso modo un primo esemplare mutato forse casualmente e in grado di sentire i pensieri altrui non è compreso dai suoi simili e rischia di essere imprigionato e studiato come una cavia. Galouye però si sofferma maggiormente sui disagi che possono derivare dal sentire i pensieri e i sentimenti degli altri, di come la rabbia e la sofferenza possano ferire chi li ascolta e di come le tante voci ascoltate possano far perdere la propria individualità imprigionando involontariamente il telepate in quei pochi luoghi isolati in cui può essere libero dai pensieri altrui.

Torna come sempre la rubrica di Paul di Filippo, Plumage From Pegasus: Et in Arcadia Superego che come al solito analizza in modo ironico alcuni aspetti della Fantascienza. Questa volta il tema del suo racconto è legato al rapporto fra scienza e Fantascienza, sempre in linea con il filo conduttore che lega gli altri scritti di questo numero anche se in modo ribaltato, è stavolta la Fantascienza, quella che per lo più è entrata a far parte della cultura popolare, ad influenzare la scienza e gli scienziati stessi a volte in modo inconscio. Sebbene ci sia molta ironia la cosa accade realmente spesso molte idee della Fantascienza finiscono col diventare scienza quando le tecnologie sono sufficientemente mature, e viceversa le nuove scoperte sono spesso un a linfa vitale per gli scrittori che a volte finiscono con il diventare in qualche modo divulgatori spiegando in modo comprensibile o pratico la scienza e le sue applicazioni pratiche.

Harlan Ellison torna su Fantasy & Science Fiction con un breve racconto intitolato Susan, una strana storia d’amore con risvolti oscuri e strani incubi notturni. Una storia più di stampo Horror che Fantascientifico, uno dei generi che comunque il Magazine ha sempre trattato e che è sempre stato legato a moltissime altre riviste che pubblicano letteratura fantastica, anche se in questo caso non ho visto nessuna connessione con ciò che mi sembra essere il tema comune a tutte le altre storie.

Fa la sua compare sulla rivista anche Isaac Asimov, non con una storia, ma con un articolo o forse un piccolo saggio in cui affronta il tema della creazione di una parola, la Robotica. Sembra infatti che sia stato proprio lui, e senza neanche farlo apposta, ad usare per primo la parola Robotica e rendendosene conto si è autoattribuito la paternità (e sembra che gli sia anche ufficialmente riconosciuta) di questa parola, una parola che poi è diventata di uso comune grazie alle sempre maggiori ricerche nel campo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale che negli anni successivi si sono svolte sempre più frequentemente fino a diventare vere e proprie scienze che rientrano in quella che ormai è definita Robotica. Quest’articolo anche nona vendo nulla di comico è molto vicino al racconto di Paul Di Filippo citato poco prima.

Segue poi un altro racconto Horror vincitore del Bram Stoker Award nel 2004, di Nancy Etchemendy e dal complicato nome di Nimitseahpah. Di ambientazione storica affronta il tema del progresso che per quegli anni, il 1905, era strettamente legato all’estrazione mineraria effettuata da minatori nelle più remote zone del mondo. E si sa nei luoghi remoti ed isolati quando si scende nelle viscere della terra si può incappare in oscuri orrori che solo chi è in possesso di antiche conoscenze può fermare. Un esempio di come a volte la corsa al progresso e la bramosia di ricchezze possa essere nociva e pericolosa in alcuni casi.

Alexandra Duncan ci racconta un’altra storia d’amore con il suo Amor Fugit. Una strana famiglia che vive in un mondo intriso di mitologia i cui genitori non possono incontrarsi vivendo l’uno di notte l’altra di giorno e il cui unico punto di contatto è la figlia Ourania, non consapevole delle stranezze della sua famiglia finché non entra in contatto e si innamora di un giovane incontrato sul limitare del bosco, un giovane che le mostrerà cose a lei sconosciute, perché il mondo esterno a lei quasi ignoto sta cambiando e si sta evolvendo molto più in fretta di quello che Ourania può comprendere.

Infine il numero si conclude con la storia di Robert F. Young, Trenta Giorni Aveva Settembre. Una tecnologia più avanzata di quella a noi nota ha cambiato il mondo, tutto è automatizzato i computer e le macchine possono fare praticamente tutto, l’istruzione non è più gestita dalle scuole con i suoi insegnanti robot, ma dalle grandi aziende multinazionali tramite la televisione fino a quando George Danby non trova un vecchio modello di robot insegnante che gli aprirà la mente e gli farà comprendere che non sempre una tecnologia più avanzata giova alla società si rischia di perdere ciò che di bello vi è nella vita.

uomo che amava gli aquiloni

Rispetto ai precedenti numeri ho trovato questo un po’ meno interessante, probabilmente il motivo è soggettivo, alcune delle storie non mi hanno colpito più di tanto, anche se le restanti mi sono piaciute, certo non si può pretendere che ad ogni lettore piacciano tutte le storie proposte ce ne saranno sempre di preferite, e di meno interessanti per qualcuno. Tutto sommato pero sono sempre sorpreso positivamente dalla collana che sta prendendo una buona strada, salvo qualche saltuario errore ortografico che forse poteva essere evitato. Una cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso è un errore su delle formule matematiche citate in Amor Fugit, non posso sapere se l’errore sia sulla stesura originale sulla traduzione o solo per la stampa, in ogni caso A=πr2, V=πr2h, a2+b2=c2 non si possono proprio vedere sarebbe stato semplice scrivere A=πr², V=πr²h, a²+b²=c² o anche A=πr^2, V=(πr^2)h, (a^2)+(b^2)=c^2. In ogni caso si tratta di dettagli, l’importante è che autori e storie siano di qualità.

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